Immagine

Il tempo materiale

Romanzo d’esordio di Giorgio Vasta, Il tempo materiale è un viaggio nella mente inquieta e affascinante di un undicenne palermitano, Nimbo, che in una Palermo greve e indifferente, assieme a due compagni di classe concepisce un piano terroristico.

Io, Scarmiglia e Bocca. Lucidi, separati, ostili. Undicenni lettori di giornali, ascoltatori di telegiornali. Della cronaca politica. Concentrati e abrasivi. Critici, tetri. Preadolescenti anomali.

Il mondo filtrato dallo sguardo di questo giovane protagonista, che nutre astio, e un vero e proprio disprezzo verso la realtà che lo circonda.

Tutto per lui è parola. La conoscenza e l’uso della lingua italiana è ciò che contraddistingue gli eletti.

In dialetto non parlo e non penso: mi limito a osservarlo da fuori, ma solo dopo averlo anestetizzato. Quando le parole del dialetto si sono addormentate, le prendo in mano e studio come sono fatte..

Palermo è una città sporca, dove le persone parlano “gutturali, gastrici, una continua rasciatura”. Una città dove adulti e bambini concepiscono le parole come semplici utensili per dire.

Per loro le parole sono chiodi e martello…cucchiai e coltelli. Servono a dire, solo a dire, nient’altro. … Noi conosciamo il piacere del linguaggio… il piacere delle frasi… Parlare in italiano, dice Scarmiglia, parlare complesso, per noi vuol dire andarsene… Andarsene via costruendo frasi. Isolarsi…

Palermo come metafora dell’Italia di quegli anni.

Anche qui, in questa strada, come in tutte le strade di Palermo, l’asfalto è pieno di spaccature. Sono le scuciture di un tessuto nero, i varchi attraverso i quali il male entra nel mondo.

Un’Italia che cercava di far sentire la sua voce.

La critica è feroce ed il lettore resta effettivamente colpito dall’analisi aspra e lucida fatta dal giovane protagonista e dai suoi compagni.

Siamo il paese della desensibilizzazione degli istinti civili, del deponteziamento di ogni forma di responsabilità…L’Italia è tiepida, del tutto incapace di assumersi la responsabilità del tragico… Noi vogliamo che il mondo ci dia del lei, che ci percepisca e ci rispetti, ma siamo impantanati in un’origine scolastica, … puzziamo di tabelline imparate a memoria, o di qualche rima incatenata, di segni della croce frettolosi e di eroismi isterici

Una scrittura precisa, puntuale, quasi chirurgica, quella di Vasta, dove ogni parola è usata per tracciare uno spaccato originale di Palermo e dell’Italia del 1978.

Il Tempo materiale è un pugno allo stomaco per la sua crudezza, ma è anche un tentativo originale e coraggioso di riflessione su chi siamo e in cosa ci riconosciamo. La dimostrazione, in breve, che le parole sono, come scriverebbe il poeta Gabriel Celaya, armi cariche di futuro.

Lascia un commento